S.Antonino M. - Parrocchia Solbiate

Parrocchia S.Antonino Martire Solbiate Olona
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S.Antonino M.

Sant’Antonino martire

Sant’Antonino martire è un santo della chiesa cattolica, patrono di Piacenza e di molte altre località tra cui Solbiate Olona.

La tradizione

La Bibliotheca Sanctorum, ovvero l’enciclopedia dei santi e dei martiri, riconosce l’autenticità della figura storica di Sant’Antonino, ma riconosce anche che la documentazione a lui attribuibile è molto scarsa e che le notizie possedute sono frutto di ricostruzioni successive e poco attendibili.
Secondo la tradizione si trattava di un soldato romano convertitosi al cristianesimo, che rifiutatosi di onorare gli dei pagani subì il martirio nel 303 a Travo, nei pressi di Piacenza, durante la persecuzione di Diocleziano. La sua terra di origine e la sua data di nascita non sono conosciute.
La devozione verso questo soldato martirizzato cominciò quasi subito, soprattutto grazie al vescovo di Piacenza San Savino, che nel 388 rinvenne i suoi resti nella cripta della chiesa di S. Maria in Cortina e li trasferì nella basilica della città, in seguito dedicata proprio a Sant’Antonino. Il luogo del rinvenimento esiste ancora, si trova 6 metri sotto il livello attuale della chiesa e conserva traccia di antichi affreschi. È ancora presente un grande masso che forse serviva per chiudere l’accesso al loculo e anche un piccolo incavo nel muro che secondo la tradizione era destinato alla custodia dell'ampolla contenente il sangue del martire.   
La diffusione del culto determinò nei secoli successivi la necessità di scrivere testi sulla vita del santo, che dovevano servire nelle liturgie dei giorni di festa a integrazione delle troppo scarse notizie di cui si disponeva. Questi testi furono raccolti in epoca medievale nel Gesta Sanctorum Antonini, Victoris, Opilii et Gregorii PP. X. Il desiderio di avere come patrono un soldato famoso spinse gli storici piacentini a ritenerlo appartenente alla leggendaria Legione tebana e quindi compagno d’armi di San Maurizio e San Vittore. I componenti di questa legione, tutti cristiani, sarebbero stati prima decimati e poi sterminati per non aver voluto rinnegare la propria fede. Il fatto sarebbe avvenuto nel 286 ad Agaunum (nell’odierno Cantone Vallese in Svizzera). Antonino sarebbe sfuggito al massacro rifugiandosi nel piacentino, dove andò comunque incontro al martirio qualche anno dopo.

Le fonti storiche

Il primo documento storico che parla di S. Antonino è il De Laude Sanctorum (La preghiera dei Santi) di Victricio, vescovo di Rouen. Si tratta di un sermone di ringraziamento che il vescovo scrisse a S. Ambrogio nel 396 per ringraziarlo di avergli inviato alcune reliquie di santi, tra cui una del martire di Piacenza (i cui resti furono rinvenuti qualche anno prima). Nel testo non c’è nessun accenno alla sua appartenenza all’esercito e tantomeno alla Legione tebana. Probabilmente questa unità dell’esercito romano è esistita veramente ed era veramente dislocata ad Augunum, ma il fatto che fosse interamente costituita da cristiani non è credibile. Nei secoli successivi sorsero un po’ ovunque leggende che facevano risalire al servizio nella Legione tebana i santi venerati localmente (tra cui appunto S. Antonino). Molti di essi non sono neppure chiaramente identificabili e delle loro vite si sa molto poco, tanto che a oggi il Martyrologium Romanum riconosce come facenti parte della legione, poiché i loro nomi compaiono nelle fonti più antiche, i soli Santi Vittore e Urso.
Questo non esclude che S. Antonino fosse stato effettivamente un soldato. A quell’epoca i cristiani nell’esercito romano erano numerosi, perché specialmente i giovani provinciali cercavano di migliorare le loro condizioni disagiate arruolandosi. C’era però una grave questione di coscienza, perché un seguace di Cristo non poteva uccidere il suo prossimo e non poteva giurare fedeltà all’imperatore pagano. La maggioranza dei cristiani riteneva comunque lecito il servizio militare, il che però costituiva, per i comandanti militari, un nucleo potenzialmente eversivo, tanto che il tetrarca Galerio riuscì a convincere l’imperatore Diocleziano a sbarazzarsi dei cristiani presenti nell’esercito. Il congedo disonorevole (ignominiosa missio) voleva però dire la perdita dei vantaggi riservati ai veterani, rendendo i congedati uomini disprezzati dalla società ed economicamente rovinati. Molti di questi pertanto accettarono di sacrificare agli dei e rinunciare così alla loro fede, mentre altri preferirono il martirio piuttosto che rinnegare Cristo o diventare dei reietti della società. L’epurazione dell’esercito si trasformò ben presto nella grande persecuzione del 303, quando si era condannati a morte per il solo fatto di appartenere alla fede cristiana. Proprio nel 303, secondo la tradizione, avvenne il martirio di S. Antonino. Spesso però, in assenza di dati certi, si tendeva a far risalire il martirio del santo locale a una data immediatamente riconoscibile, come appunto quella della persecuzione di Diocleziano. In realtà le persecuzioni, così come le sporadiche condanne a morte, furono molte e vennero eseguite fino al 313, anno dell’editto di Costantino, quindi non possiamo essere certi della data reale del martirio.
  
La diffusione del culto

Il ritrovamento delle reliquie avvenne il 13 novembre e quella data fu scelta come festa patronale dalle prime comunità cristiane che ne celebravano il culto. Oggi S. Antonino di Piacenza è festeggiato il 30 settembre, anche se la festa patronale di Piacenza è il 4 luglio. Nella diocesi ambrosiana rimane però come festa patronale quella del 13 novembre, il che fa supporre che la diffusione del culto del martire nei nostri territori sia molto antico.
Infatti dopo l’editto di Tessalonica del 380 che rendeva il Cristianesimo religione ufficiale dell’Impero Romano, i cristiani poterono manifestare liberamente i propri sentimenti religiosi e le celebrazioni dei martiri cominciarono a superare il loro ristretto ambito locale. La Chiesa, uscita vittoriosa dalla guerra contro i nemici pagani, stava ora costruendo la sua forza e stabilità proprio sulle figure dei suoi campioni martiri, primi interpreti di tale vittoria. Spesso i principali luoghi di culto sorsero in quelli che erano stati i luoghi di martirio, mentre a diffondersi anche il culto delle reliquie. Di questo sentimento si fece interprete proprio Sant’Ambrogio, che grazie al ritrovamento delle reliquie dei martiri milanesi e alla diffusione del loro culto riuscì a diffondere ulteriormente e a radicare la religione cristiana nella diocesi milanese.
Possiamo supporre che l’amicizia (storicamente accertata) tra S. Ambrogio e S. Savino di Piacenza, il vescovo che trovò le reliquie di S. Antonino, permise la diffusione del culto del martire piacentino anche nella nostra diocesi, e fu un culto che ebbe sicuramente un grande successo. Alla fine del 1200 si contano ben 22 chiese nella diocesi di Milano dedicate a S. Antonino, compresa quella di Sulbiate de inferiori, cioè Solbiate Olona (da non confondersi con Sulbiate superior, l’odierna Solbiello). Si tratta dell’attestazione più antica relativa alla nostra chiesa parrocchiale.
Il culto del santo martire ebbe ovviamente maggiore successo nel piacentino: la fiera di S. Antonino a Piacenza è antichissima e risale ad una concessione di Carlo Magno che la legò alla festa del 13 novembre. Altri prima di Carlo Magno, come i re longobardi Liutprando e Ildebrando, compirono gesti di devozione verso S.Antonino. L’imperatore Lotario, nipote di Carlo Magno, venne addirittura seppellito nella basilica di Piacenza.
Verso l'anno mille il vescovo Seufredo si prese cura di S. Antonino riconoscendone le reliquie e dotando l’urna dei suoi resti di una copertura in piombo per sottrarlo agli incendi. Nel 1878 il vescovo Scalabrini promosse una solenne ricognizione delle reliquie e volle che tale gesto fosse accompagnato da studi storici, archeologici, fisici e chimici, che portarono alla certezza che la grande ampolla, da sempre conservata assieme alle ossa, contiene realmente resti di sangue umano. A conclusione dell'iniziativa fece costruire una nuova urna (quella visibile oggi), disponendo che restasse sempre visibile.


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